Non parlo, è ovvio, in nome di coloro che hanno in odio la politica perché stoltamente convinti che debba occuparsene solo chi pensa di trarne qualche personale profitto, né di quanti credono che sia, di per sé, una categoria sotto sotto un po` ignobile del pensiero collettivo, unicamente volto a un utilitarismo di comodo, opportunistico e strumentale: rispondo a Oggi pensando a quei milioni di
concittadini che con una sciagurata dose di innocenza affidano all`antipolitica il tentativo di ritrovare non dico le cattedre di Aristotele odi Platone, ma il decoro, frutto del civismo, della passione e del sacrificio di chi ha offerto e continua a offrire la quotidiana testimonianza di un servizio reso alla comunità per condividere principi, criteri e regole di un "ordine" convenuto democraticamente e da osservare secondo la ragione e l`etica, due baluardi essenziali per la difesa del bene pubblico di questa Italia svilita, ma ribollente di sdegno.
La questione sottesa alla domanda di Oggi è un`emergenza grave, perché getta un`ombra di inutilità su una gravosa, ma via via liberante uscita dai vincoli della manovra. E non foss`altro perché a pagarne il prezzo più alto non è il sistema dei cosiddetti poteri forti, ma alla lunga la sopportabilità dell`abnegazione sociale se dovesse perdurare questa scellerata mancanza di percezione del pericolo, il più insidioso tra i fattori di una malcelata sofferenza del sentire e dell`agire politico. La magistratura eserciti al massimo grado le sue prerogative, ma tutta l`Italia perbene, a cominciare dai leader di partito, aiuti la politica a sbugiardare e a punire i suoi interpreti indegni. Non c`è mai tanto bisogno di politica come quando, essa stessa, sembra autorizzarci a voltarle le spalle, altro che trastullarsi con gli esorcismi della rottamazione o delle primarie. Qui, di primario, c`è il sentore di un "anno zero" dei partiti; e i moralizzatori di stagione comincino a guardarsi intorno per vedere dove lo scandalo sta assumendo forme indicibili di disinvoltura e d`impunità.
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