Casini dice che non pensa di farsi «fare da Vendola l’esame del sangue», mentre Vendola spiega che lui e Casini stanno «lavorando a due prospettive diverse»: Pier Luigi Bersani non sembra preoccupato dai distinguo tra i due leader, a cui il Partito democratico si è rivolto per l’alternativa di governo nel dopo Monti. «Mi sembra che tutto nasca da un equivoco, perché qui nessuno ha proposto un’alleanza con Udc e Sel», risponde il segretario dando il via a questa intervista.
Segretario, come giudica le reazioni alla Carta d’intenti del Pd?
«Dal mio punto di vista mi sembrano reazioni positive, come anche i primi incontri, a partire da Nichi Vendola e il Forum del Terzo settore hanno dimostrato. Nei prossimi giorni ne seguiranno altri, ma credo che la nostra iniziativa sia stata compresa».
Vendola è stato tra i primi a condividere la Carta, ma la sua base è in rivolta, preccupata da un’alleanza che va dai progressisti ai moderati.
«Credo che nel giro di poco tempo tutto si chiarirà perché mi sembra che alla base ci sia un equivoco comunicativo. Nessuno ha parlato di un’alleanza tra Bersani, Vendola e Casini. Questa è stata la vulgata ma la realtà è un’altra. Noi pensiamo ad un campo di democratici e progressisti, non solo tra i partiti ma con l’associazione i movimenti, rivolgendoci a tutte quelle forze che non accettano la deriva populista, di destra e anti-europeista, che sta sempre più prendendo piede. Ma è ovvio che sono tutti passaggi da verificare, che sta a noi progressisti organizzare il nostro campo e lanciare una proposta aperta, dopodiché l’organizzazione di questo centro moderato non tocca a noi».
A voi, e a lei in particolare, spetta organizzare le primarie. Finora gli aspiranti candidati, oltre a lei, sono Vendola, Renzi, Tabacci e Nencini. Non pensa che possano indebolire il Pd anziché rafforzarlo?
«Cerchiamo di tenere a mente il percorso. Prima si deve delimitare il campo sulla base di un confronto sui contenuti, poi si fissano regole e tempi per le candidature. Ragionevolmente potranno avvenire entro la fine dell’anno: lo stabiliremo insieme a chi parteciperà a questo percorso, non decido io da solo. Non ho mai pensato che le primarie possano essere un problema, sono una nostra cifra e, quando il confronto è alla luce del sole, ha una dimensione nazionale e mette al centro i temi del Paese, e non dei partiti, e se si fonda su principi e fondamenti programmatici essenziali condivisi, non deve destare preoccupazione».
E per la riforma della legge elettorale, invece, è preoccupato? Ogni volta che sembra vicino l’accordo si riparte da zero.
«Sono molto preoccupato perché vedo che di fronte ad una nostra chiarezza di posizioni, che è la stessa negli incontri riservati e nelle feste democratiche, il Pdl continua a fare melina. Noi abbiamo detto che non vogliamo tornare al voto con il Porcellum e chi dice il contrario vuol dire che non conosce il Pd. Il Porcellum produce gli Scilipoti: un nome, un programma. Anche in queste ore abbiamo dichiarato flessibilità nella discussione pur avendo una nostra proposta, da mesi, fondata sul doppio turno di collegio. Siamo disposti al confronto purché restino fermi due principi: la sera che si chiudono i seggi, si deve sapere chi può governare; il cittadino deve poter scegliere il proprio parlamentare. Possiamo ragionare sui modi di raggiungere questo obiettivo, ma finora non è ancora arrivata una proposta univoca dal vasto, spero sempre meno, campo del centrodestra».
Nel caso di una legge elettorale che dà il premio di maggioranza al partito, il Pd arriverà a una lista unica con tutti coloro che parteciperanno alle primarie, da Vendola a Nencini?
«A me una cosa è chiarissima: Berlusconi certamente ha in testa meccanismi verbalmente innovativi, tanto che gli ho consigliato la lista “viva la mamma”, ma noi ci chiameremo Pd. Su questo non si discute. È evidente, però, che alla luce della nuova legge elettorale, dei meccanismi per dare il premio alle liste collegate dovranno essere individuati perché anche le individualità devono essere riconosciute. Detto questo sono convinto che, mentre oggi ci sono quelli che dicono, genericamente, che i partiti non riescono a fare la legge elettorale, il giorno dopo che la legge ci sarà, spunteranno i “puristi”, quelli che fanno finta di dimenticare che se non si raggiunge un compromesso in questo Parlamento non si va da nessuna parte».
Casini intanto ha detto che correrà da solo e poi eventualmente farà l’alleanza con il Pd. C’è da fidarsi o c’è il rischio che a urne chiuse rilanci la grande coalizione?
«Io mi affido ai processi di fondo che avvengono nella società. Avevo ragione quando parlavo della necessità di tenere insieme questione democratica e questione sociale, o quando avvertivo che la discriminante in Europa passava da un lato dalle posizioni regressive anti-euro, anti-fisco, anti-immigrati e dall’altro dalle posizioni progressiste e liberal-costituzionali europeiste. Credo che questa sia la dinamica profonda in Europa come in Italia. Quindi, più che alle diplomazie, che pure bisogna coltivare, mi affido al fatto che esistono forze moderate per le quali non è possibile cedere alle sirene populiste».