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Se la destra sceglie Grillo

16 maggio 2012

Pubblicato in: Attualità

La crisi che si abbatte con crescente ferocia sulla vita dei cittadini europei ha avuto negli ultimi mesi un solo effetto positivo.
È il ritorno sul tavolo dell'Unione del grande assente di questi anni, la Politica. La Politica con la maiuscola, quella che da quando esistono le democrazie si fonda sulla distinzione fra una destra e una sinistra. Il voto in Francia e in Germania, nel più popoloso e decisivo degli stati federali tedeschi, la Renania settentrionale-Westfalia, ha riportato al centro del dibattito pubblico, dopo anni di ambiguità, pensiero unico e fumose "terze vie" di fuga, un'alternativa secca e concreta fra l'Europa vista da destra o da sinistra. Insomma fra un'Europa ancorata alla visione liberista dominante nell'ultimo decennio, sia pure transitata dalle promesse e dai sogni di arricchimento collettivo allo spettro di un'austerità permanente, e un'idea di Unione più equa e solidale, impegnata a rilanciare la grande invenzione democratica del Welfare nella nuova realtà del mercato globale.
Questo confronto di grandi visioni alternative fra destra e sinistra, che pareva archiviato in politica, è tornato a dividere gli elettori francesi, chiamati a scegliere fra i programmi di Hollande e Sarkozy, e promette di essere il leit motiv della prossima campagna per il cancellierato in Germania fra Angela Merkel e Hannelore Kraft. Ma non in tutta Europa la crisi ha avuto questo effetto. Nelle ultime elezioni in Grecia il confronto politico storico fra destra e sinistra si è spostato su un piano del tutto diverso. E disastroso. Il confronto in Grecia non è politico, fra una sinistra e una destra portatrici di visioni alternative, ma post o piuttosto pre politico, fra un governo "tecnico" nel quale si confondono una destra e una sinistra percepite come uguali dall'opinione pubblica, e un'opposizione altrettanto indistinta, dove un comune linguaggio populista accomuna le estreme radicali. Un quadro politico devastante che a molti e purtroppo ragionevoli pessimisti ricorda la Repubblica di Weimar.
L'Italia è oggi, come quasi sempre nella nostra storia, a un bivio, al confine fra le due Europe. La crisi economica e la parentesi del governo tecnico può rivelarsi un'occasione straordinaria per la politica italiana di riformarsi e di tornare a offrire l'anno prossimo agli elettori un'alternativa chiara fra riformismo e liberismo, sinistra e destra. Oppure può diventare il definitivo pretesto per scivolare nel caos weimariano della Grecia, l'annichilimento della politica e la ricomposizione del conflitto sociale fra un indistinto rigorismo "tecnico" e un altrettanto indistinto populismo "né di destra né di sinistra".
La nostra scelta è decisiva per il futuro di tutti. Nel treno dell'Unione, più importante di qualsiasi Tav, l'Italia è il vagone che collega la locomotiva franco-tedesca al resto dell'Europa. Staccare il vagone italiano significa porre fine al viaggio. Ora, i piccoli segnali che arrivano in questi giorni, in queste ore, dalla provincia elettorale impegnata nel ballottaggio delle amministrative, sono inquietanti. A Parma, eletta dal movimento di Grillo a Stalingrado del movimento, i grillini si starebbero organizzando a ricevere sottobanco l'appoggio del moribondo partito di Berlusconi. In linea con una campagna elettorale condotta da Grillo sul filo di un assoluto cinismo. Il proprietario del marchio 5 stelle è stato capace in queste settimane di passare dall'elogio incondizionato del governo Monti al dileggio del medesimo come "servo delle banche" e "frutto di un golpe", dall'apologia degli evasori fiscali alla difesa d'ufficio di Bossi e "family" ("vittime di un complotto della magistratura"), dal corteggiamento degli xenofobi ("la cittadinanza ai figli d'immigrati non ha senso") a quello della mafia. Perché tutti votano, anche evasori fiscali, leghisti delusi, xenofobi e i mafiosi. E il voto, come la pecunia, non olet. Per contro, alle truppe del berlusconismo in rotta non par vero di salire su un altro carro populista, piuttosto che rimboccarsi le maniche e costruire la vera destra liberale assente in Italia dal Risorgimento.
Sia chiaro che l'eventuale e rovinosa deriva greca dell'Italia non potrebbe essere responsabilità esclusiva dei demagoghi. Almeno al cinquanta per cento sarebbe da condividere con una sinistra che non ha trovato il coraggio di rinnovarsi, nei programmi e negli uomini, come hanno saputo fare i socialisti francesi e i socialdemocratici tedeschi dopo anni di sconfitte. Hanno, abbiamo tutti un anno di tempo. Una seconda chance, come dimostra la Grecia di oggi, non è prevista.

da 'La Repubblica' di Curzio Maltese
16.05.2012



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