
Pier Luigi Bersani non vuole staccare la spina al governo Monti. «Semmai attaccarla meglio. Non vorrei che lasciando passare uno strappo dopo l'altro ci trovassimo in una situazione complicata e ci fosse un cortocircuito». Lo preoccupa la nascita di un «nuovo sport. Quello per cui dietro la copertura di un formale sostegno all'esecutivo ci sia la convergenza tra chi insulta Monti come la Lega o Scilipoti e il Pdl. Questa è una presa in giro».
E se le prese in giro continuano? «Ribadiamo a tutti gli interlocutori la nostra scelta di
appoggiare un governo che abbiamo voluto in nome dell'Italia prima di tutto. Anzi, anticipo il nostro nuovo slogan:
Italia bene comune. Non pretendiamo che assuma il 100 per cento delle nostre proposte. Ma il punto è non aprire un fossato tra l'esecutivo e l'opinione pubblica. Se passa l'idea che si può allungare l'età pensionabile di un infermiere di 4 anni ma non si possono toccare notai, banche e titolari di farmacie si crea un problema serio. Lo dico per
dare forza al governo non per indebolirlo. Stia attento alle trappole».
Rai, responsabilità civile dei giudici e liberalizzazioni. Sono questi i temi? «La vicenda della
Rai è grave non solo per le ultime
nomine ma anche per certe frasi che sento pronunciare ad autorevoli esponenti del Pdl. Del tipo "un intervento del governo sull'azienda sarebbe illegittimo". Ma scherziamo? È surreale. Una società interamente
pubblica può e deve essere sottoposta a un intervento legittimo del governo. Per cambiare la govemance di un'azienda oggi
ingestibile».
Giustizia.
«Si parte con una posizione formale del governo e una del Pdl che dice di essere d'accordo. Poi vedo applausi a scena aperta per un emendamento della Lega su un tema delicatissimo come quello della
responsabilità civile. A quel voto va posto rimedio. E aggiungo: siccome abbiamo le orecchie lunghe sento che attorno al decreto
liberalizzazioni si muovono meccanismi della vecchia
maggioranza Pdl-Lega per indebolirlo. Invece noi vogliamo rafforzarlo perché l'effetto sulla vita dei cittadini risulti visibile».
Troppe carezze di Monti al Pdl visto che sono la maggioranza uscente? «Non credo. Se fosse così è chiaro che sarebbe un errore. Il Pdl ha molte più responsabilità delle nostre per come si è arrivati all'emergenza conclamata in cui ci troviamo. Loro, a maggior ragione, non possono ottenere il 100 per cento».
I ministri e il premier non riescono a sottrarsi dalle battute sull'articolo 18. L'ultima è del ministro Cancellieri. Le dà fastidio? «Qualcosa si potrebbe rimproverare ai membri del governo ma so bene che alle domande si risponde. Il punto è un altro: come mai la nostra discussione pubblica è inchiodata da anni su questo punto e non si sposta il riflettore su
come creare lavoro?».
Lo ha detto a Monti? «Conosco il pensiero del presidente del Consiglio e so che per lui la questione è molto più complessa della frase sulla
monotonia. Ma è vero che alcune dichiarazioni sembrano protrarre il dibattito ideologico degli ultimi anni, cioè del governo Berlusconi. E questo è un male. Guai se nei prossimi mesi ci fosse una spaccatura sulle regole che sono solo una parte del problema».
Ma all'articolo 18 ci arriverete. «I partiti non possono permettersi di accendere fuochi. Noi stiamo zitti e non interferiamo su questo tema. C'è un tavolo del
governo con le
parti sociali. Accetteremo qualunque accordo nato in quella sede. Abbiamo le nostre proposte innovative che non toccano l'
articolo 18. Ma non escludiamo perfezionamenti nella sua gestione a cominciare dai percorsi giurisdizionali. Ma vorremmo rivoltare l'agenda partendo dalla domanda: come si crea un po' di lavoro?».
Siete tentati da un patto Pdl-Pd sulla legge elettorale? «La premessa è che bisogna
parlare con tutti. Le forze che sono in Parlamento e quelle fuori. Ci interessa una legge che pacifichi il Paese e venga riconosciuta da molti non da pochi. Non mi interessa invece un uso strumentale della
riforma dove due soggetti lasciano fuori gli altri. Il Pd non è disponibile».
E cosìsipossono fare legge elettorale e riforme costituzionali? «La priorità è
cancellare il
Porcellum, toglierlo di mezzo. Anche qui il Pd ha la sua proposta ma è assolutamente flessibile a discutere fatti salvi alcuni paletti. Sento che Bossi dice "non si tocca nulla". In questo modo torniamo al nuovo sport di cui parlavo prima. Se scattano istinti di
vecchia maggioranza ci teniamo il Porcellum. Ma questo è un punto dirimente».
Che può mettere in discussione il governo? «Un punto che porterebbe a un confronto politico molto acceso».
Il caso Lusi riapre la questione morale nel Pd? «Sulla vicenda in sé il Pd non sa nulla e non c'entra nulla».
Ma Lusi è un senatore del Pd. «Il
Pd nasce senza patrimoni e
senza debiti altrui. Con
bilanci certificati. Di una persona iscritta al partito coinvolta in casi giudiziari si occupa la
commissione di garanzia».
Troppi soldi ai partiti dal finanziamento pubblico? «Andiamo a vedere come viene finanziata la politica negli altri Paesi europei e adeguiamoci ai migliori parametri».
Scopriremo che gira più denaro o meno? «A occhio direi la stessa quantità. Con delle voci singole da modificare come si è fatto per i parlamentari colpendo
vitalizi e
rimborsi delle spese. È necessario che i bilanci siano
certificati dalla
Corte dei conti. Annullare i meccanismi che consentono di sopravvivere anche ai
partiti estinti ed evitare che nascano
gruppi parlamentari che non si sono presentati alle elezioni. Ma dai tempi di Pericle si riconosce il fatto che l'attività politica va sostenuta se si intende avere una
democrazia».
Il caso Lusi viene affiancato al cosiddetto sistema Penati, al finanziamento occulto dei Ds? «Penso solo al Pd. Le calunnie non le leggo nemmeno. Passo tutto agli avvocati per le querele».
Quando farete le primarie per il candidato premier? «Intanto faccio notare che senza polemiche e sotto la neve stiamo organizzando le
primarie per le
amministrative dappertutto. Faremo anche quelle nazionali. Il percorso è il solito: il
patto di coalizione e qualche mese prima dell'appuntamento elettorale, né troppo presto né troppo tardi, le primarie».
E se le riforme del governo Monti avessero bisogno di una grande coalizione per andare avanti? «Non si può andare in campagna elettorale proponendo
governissimi. Anzi. Lo stesso percorso di certe leggi che stiamo approvando adesso, ci dice che una vera opera di
riforme e di ricostruzione devi farla chiedendo un impegno al corpo elettorale».