Abbiamo tutti negli oc
chi i fatti di Torino e quelli di Firenze. Il primo, nato da un disagio giovanile e da un certo bigottismo che è ancora presente nella nostra cultura nazionale, è finito con il pogrom in un campo nomadi. Il secondo, voluto da una persona che non esitava a definirsi un fascista duro e puro, è finito con l'uccisione di Samb Modou e Diop Mor.
Alcuni illustri commentatori e altri normali cittadini hanno subito parlato di follia. No, non è follia. Diamo il nome alle cose per quello che sono: è razzismo.
Quel razzismo strisciante di cui non riusciamo a liberarci definitivamente, portato avanti nel nostro Paese non solo da Casa Pound o Militiae varie, ma anche da partiti che sono stati al governo fino all'altro ieri. Non bisogna fornire alibi in situazioni del genere, bisogna continuare ad affrontare a viso aperto il tema, senza paura e senza la facile demagogia che si può fare su di una materia così complessa come può essere l'integrazione.
É bene fare nostro e lanciare il messaggio di Michela Marzano, insegnante di filosofia morale all'Università di Parigi, in un articolo pubblicato sulla rivista ItalianiEuropei:
"Il contatto con la differenza, con tutto ciò che è altro ed estraneo al nostro modo di vivere e pensare, non fa che arricchirci e permetterci di evolvere. E anche se, talvolta, l'altro ci disturba, perchè ci obbliga a rimetterci in discussione e a confrontarci con ciò che non si conosce ancora, sarebbe un grave errore chiudersi su se stessi e rifiutare ogni confronto e apertura. Tanto più che alimentare la paura e creare tensioni d'ordine sociale e politico".
Federico Berlini